VITAMINE D E PATOLOGIE



RACHITISMO

La vitamina D aiuta a prevenire e curare il rachitismo, una malattia che si manifesta per insufficienza di calcio, di fosforo o di vitamina D. Essa contribuisce anche a curare l’osteomalacia negli adulti. I risultati delle ricerche suggeriscono che la fotosintesi della vitamina D aumenta la resistenza alla tubercolosi e protegge dal tumore colorettale e mammario. La vitamina D presente negli alimenti ha ritardato lo sviluppo di tumori in alcune ricerche eseguite in vitro, e questo potrebbe essere applicato al trattamento del retinoblastoma e altri tumori. La vitamina D è considerata un immunomodulante che rallenta o ferma i batteri che causano le malattie.

(Harvard School of Public Health; Vitamin D deficiency and mortality risk in the general population: a meta-analysis of prospective cohort studies, The American Journal of Clinical Nutrition 2012)

Una dieta vegana può peggiorare la salute di una persona anche nel caso di:

 

Rachitismi non genetici

  • Mancata formazione del metabolita attivo
    • Deficit nutrizionale (assoluti o relativi)
    • Malassorbimento (Celiachia, Fibrosi cistica)
    • Mancata fotoesposizione
    • Malattie epatiche croniche
    • Malattie renali croniche
    • Terapia anticonvulsante (Barbiturici)
  • Resistenza d'organo iatrogena ai metaboliti attivi della vit D
    • Indotti ad esempio dall'uso di terapia corticosteroidea cronica
  • Ipoparatiroidismo
Fonti: http://it.wikipedia.org/wiki/Rachitismo


DENTIZIONE

La vitamina D ha un ruolo importante durante la dentizione. Essa è necessaria per un buon sviluppo, crescita e rafforzamento della dentatura. Secondo Adelle Davis, la vitamina D serve anche a prevenire le carie dei denti e la piorrea, un’infiammazione degli alveoli dentali. La vitamina D protegge le persone in menopausa dall’osteoporosi causata dal cortisone. Attualmente vengono effettuati degli studi sul legame tra calcitrolo e osteoporosi. Sia la vitamina D che il calcio mantengono le ossa sane o forti durante la menopausa. La vitamina D previene la frattura dell’anca negli anziani. In uno studio scandinavo la vitamina D è stata collegata alla difesa dalla depressione.
Le vitamine D ed A sono benefiche nel ridurre l’incidenza di raffreddori. Ambedue, se somministrate insieme alla vitamina C, agiscono come misura preventiva. Gli studiosi hanno stabilito che l’acidità dei succhi gastrici viene condizionata dalla quantità di vitamina D presente nella dieta. Si afferma che tali succhi causino ulcere allo stomaco, quindi un paziente sofferente di ulcera dovrebbe essere controllato per vedere se la sua dieta gli fornisce una quantità sufficiente di vitamina D.

 
Fonti: (Le informazioni sono tratte da "Almanacco della Nutrizione" di Gayla J. Kirschmann e John D. Kirshmann)

OSTEOPOROSI

La carenza di vitamina D si correla ad un aumento del rischio di oteoporosi, fratture, infezioni, malattie cardiovascolari, patologie autoimmuni come la sclerosi multipla e il diabete di tipo 1 e alcuni tumori come il cancro del colon-retto e del seno.
In una
metanalisi, pubblicata sulla rivista The American Journal of Clinical Nutrition, sono stati valutati i risultati di 14 studi di coorte prospettici per un totale di oltre 62 mila partecipanti ed è emerso che esiste un'associazione tra livelli di vitamina D - 25(OH)D e mortalità, infatti il rischio relativo di mortalità si riduce all'aumentare dei livelli ematici di 25(OH)D e la concentrazione ottimale di tale sostanza è stata stimata tra 75 e 87,5 nmol/L - oltre questo valore non è emersa una ulteriore riduzione del rischio di mortalità. 

Fonti: (Harvard School of Public Health; Vitamin D deficiency and mortality risk in the general population: a meta-analysis of prospective cohort studies, The American Journal of Clinical Nutrition 2012) 


REUMATISMI

I pazienti reumatici hanno carenze di vitamina D. I nuovi studi presentati al congresso della Lega Europea contro le Malattie Reumatiche (EULAR) dimostrano che bassi livelli di questa vitamina nelle persone che soffrono di diverse forme di malattie reumatiche sono associati a un rischio aumentato di mortalità e di sviluppo di tumori. I trattamenti con vitamina D possono aiutare i pazienti a migliorare la loro condizione e, in generale, in tutte le persone a prevenire queste malattie.

La carenza di vitamina D è comune in numerose condizioni reumatiche. Più dell'85% dei pazienti infatti mostra livelli nel sangue di vitamina D talmente al di sotto dei livelli di norma che la stessa assunzione della “dose giornaliera raccomandata” per questa vitamina risulta insufficiente ai fini della normalizzazione dei valori. Inoltre, bassi livelli di vitamina D sembrano associati a un maggiore rischio di mortalità e di tumori benigni e/o maligni nei pazienti reumatici. È quanto emerge da una serie di studi presentati di recente al Congresso Annuale della Lega Europea contro le Malattie Reumatiche (EULAR), che si è svolto a Roma. Nel primo studio, Clive Kelly del Queen Elizabeth Hospital di Gateshead (Regno Unito) ha presentato i risultati su 180 pazienti con disturbo infiammatorio delle articolazioni, osteoartrite e dolore muscolare diffuso (mialgia), che dimostrano come circa il 58% dei pazienti reumatici presenta livelli di vitamina D molto al di sotto dei valori di norma (che sono 48-145 nmol/L). In un secondo studio condotto su più di 1.000 pazienti con artrite reumatoide, Luca Idolazzi, dell'Università di Verona ha mostrato che i livelli di 25(OH)D – una misura clinica standard dei livelli di vitamina D nel sangue – sono al di sotto dei valori di norma nell'85% dei pazienti che non hanno assunto integratori di vitamina D, ma anche nel 60% di coloro che invece lo hanno fatto regolarmente.


Pier Paolo Sainaghi, dell'Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, ha illustrato in un terzo studio come anche l'assunzione di integratori di vitamina D in dosi giornaliere “abbondanti” non sia sufficiente a normalizzare i valori carenti nei pazienti reumatici. Nello studio, solo il 29% dei pazienti trattati ha infatti raggiunto livelli di vitamina D considerati accettabili nelle persone sane. “I nuovi dati epidemiologici evidenziano dunque che vi è un forte legame fra la carenza di vitamina D e l'aumento dell'incidenza, della gravità e delle complicanze delle malattie reumatiche autoimmuni”, ha spiegato il Professor Maurizio Cutolo, Presidente Esecutivo di EULAR 2010. “La vitamina D è normalmente prodotta nella pelle in seguito all’esposizione solare, per cui non è da considerarsi una vitamina in senso stretto. Persone sane con una adeguata esposizione alla luce del sole non necessitano integratori dietetici come nel caso delle altre vitamine. I pazienti con artrite reumatoide, e non solo, invece possono beneficiare della vitamina D quale agente terapeutico


Fonti: http://www.adnkronos.com/Salute/Medicina/?id=3.1.562100857


MALATTIE CARDIOVASCOLARI

La carenza di vitamina D si può ripercuotere anche sulla salute del muscolo cardiaco che, come il muscolo scheletrico, è provvisto di recettori per questa vitamina.
La ricerca scientifica ha evidenziato un maggiore rischio di disturbi cardiaci come infarto, insufficienza cardiaca, morte improvvisa e malattie cardiovascolari in generale in presenza di bassi livelli ematici di vitamina D.

La vitamina D è importante nel controllo della pressione sanguigna e nel mantenimento della salute delle arterie, tuttavia gli studi relativi agli effetti della vitamina D sul sistema cardiovascolare forniscono dati controversi e quindi serviranno ulteriori indagini per verificare il ruolo della vitamina D nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.


TUMORE COLON-RETTO

Esiste un'associazione tra livelli di vitamina D e rischio di tumore al colon-retto. E' stata notata una maggiore frequenza di questa forma tumorale nelle popolazioni residenti a latitudini elevate rispetto a quelle più vicine all'equatore, inoltre esistono evidenze scientifiche che livelli bassi di vitamina D siano correlati ad un aumento del rischio di sviluppare questo tipo di tumore, tuttavia non è chiaro se la supplementazione con vitamina D possa essere utile per ridurne il rischio.
Indagini epidemiologiche in campo oncologico rilevano significative associazioni tra stato vitaminico adeguato e sviluppo/prevenzione di alcuni tumori come quello al colon-retto e al seno. Sarà necessario proseguire gli studi per verificare il rapporto tra deficit vitaminico e neoplasie, e capire quale sia il livello ottimale di vitamina D capace di attività antineoplastica.

(Harvard School of Public Health; Vitamin D deficiency and mortality risk in the general population: a meta-analysis of prospective cohort studies, The American Journal of Clinical Nutrition 2012)


Lo stile di alimentazione vegana sembra invece capace di proteggere il cuore, riducendo la frequenza di malattie cardiache, diabete ed ictus.
Così spiega una ricerca della Loma Linda University (California, USA), diretta dal dottor Nico Izzo e pubblicata su "Diabetes Care".
Il gruppo diretto da Izzo ha preso in esame i dati clinici di 7000 adulti, rapportando stile alimentare a longevità e salute, eliminando possibili fattori d'interferenza, come età, sesso, fumo od alcol. 

In base all'indagine, la dieta vegana e vegetariana aumentavano la longevità: 3 anni di media in più rispetto a chi consumava alimenti d'origine animale.
Inoltre, il mangiare verde difendeva dalla sindrome metabolica, sorta di anticipo di disturbi più gravi come pressione alta o crescita anormale del colesterolo HDL. Secondo l'osservazione i meno colpiti erano i vegani (25%), seguiti dai vegetariani (37%) e dai consumatori di carne e derivati (39%).
Infine, la dieta vegana era associata ad un minor livello di rischio per le malattie cardiache in quanto provocava i livelli più bassi di trigliceridi, pressione arteriosa, glicemia, Indice di Massa corporea e circonferenza della vita. 

Commentando i dati Izzo e colleghi fanno notare come risulti evidenti la capacità dell'alimentazione basata sui vegetali di proteggere da malattie e disturbi vari. 

FONTE: Nico S. Rizzo, Joan Sabaté, Karen Jaceldo-Siegl, and Gary E. Fraser"Vegetarian Dietary Patterns Are Associated With a Lower Risk of Metabolic Syndrome: The Adventist Health Study 2", Diabetes Care, published ahead of print March 16, 2011, doi:10.2337/dc10-1221 

Fonti: http://www.newsfood.com/q/8eaad1ac/con-la-dieta-vegana-meno-malattie-cardiache/


I vegetariani hanno il 12 per cento in meno di probabilità di sviluppare il cancro rispetto a coloro che mangiano carne.
Questi i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista British Journal of Cancer.



Fonti: http://www.stetoscopio.net/tumori/tumori-i-vegetariani-meno-a-rischio/


[COMUNICATO STAMPA] 
LA NUOVA RASSEGNA SCIENTIFICA CONFERMA IL 
MINOR RISCHIO DI TROMBOSI NEI VEGANI E VEGETARIANI, 
AL CONTRARIO DI QUANTO RIPORTATO NEGLI 
ARTICOLI DI COMMENTO DELLA STAMPA ITALIANA. 
20 febbraio 2011


Una recente rassegna sui meccanismi biochimici di alcuni nutrienti delle diete vegetariane e la loro implicazione clinica ("Chemistry behind Vegetarianism", Li, J. Agric. Food Chem. 2011) ha rappresentato nelle ultime settimane l'estasi per tutti i carnivori, a causa di una campagna di stampa basata sulla più assoluta incomprensione della pubblicazione originale.

Va innanzitutto precisato che la differenza tra "rassegna" e "studio" è che la prima si limita a riassumere e analizzare i dati di vari studi e li mette in relazione con conoscenze disponibili, senza alcun contributo originale proprio degli autori ai risultati stessi. E' quindi accaduto che una lettura poco attenta od una successione di errori di traduzione abbiano portato a divulgare i contenuti di questa rassegna in modo totalmente erroneo, e in contrasto con i reali dati che derivano dagli studi sulle malattie cardiovascolari nei vegetariani.

Secondo quanto riportato dai mass-media italiani, addirittura la dieta vegana sarebbe molto più pericolosa per il cuore in quanto produrrebbe un pericoloso indurimento delle arterie, e altre fantasiose sadiche conseguenze.
Quello che la rassegna riporta, invece, è l'esatto contrario: l'Autore infatti spiega che gli onnivori presentano un insieme di fattori di rischio cardiovascolare significativamente superiore rispetto ai vegetariani e vegani, quali maggiori valori di BMI, rapporto circonferenza vita/fianchi, pressione arteriosa, colesterolo totale, LDL e trigliceridi plasmatici, Lp(a), attività del fattore VII della coagulazione, rapporto colesterolo totale/colesterolo-HDL, rapporto colesterolo LDL/colesterolo HDL, rapporto Acidi grassi totali/colesterolo HDL, e livelli di ferritina.

Ribadendo che i carnivori presentano un insieme di fattori di rischio di trombosi ed aterosclerosi superiore a quello dei vegetariani, l'Autore sottolinea come i vegetariani (compresi anche vegetariani appartenenti a Paesi emergenti, la cui dieta è sensibilmente differente da quella dei vegetariani dei Paesi occidentali a cui noi apparteniamo) possano diminuire ancora di più il loro già basso rischio di trombosi ed aterosclerosi aumentando le assunzioni di vitamina B12 e di acidi grassi omega-3 (questi ultimi provenienti da fonti vegetali come noci e semi di lino).

Questi i reali contenuti di un articolo che si limita a discutere, in chiave puramente teorica, alcuni aspetti metabolici dell'organismo umano.
Dichiara la dottoressa Luciana Baroni, medico nutrizionista e presidente della Società Scientifica di nutrizione vegetariana-SSNV: "Se davvero lo stolto guarda il dito quando il saggio indica la luna, trasmettere a un'opinione pubblica prevalentemente carnivora la notizia 'securizzante' (secondo la logica della mors tua, vita mea) che il cuore dei vegani è a rischio, e non urlare pubblicamente contro la strage che l'alimentazione a base di carne provoca, è azione non solo stolta, ma che mi permetto di definire un crimine nei confronti dell'umanità."

L'evidenza che proviene dagli studi scientifici effettivi condotti sulla popolazione è quella di una sensibile riduzione del rischio di morte per malattie cardiovascolari nei vegetariani. I vegetariani sarebbero protetti nei confronti di queste malattie in virtù degli effetti favorevoli della dieta sullo sviluppo di altre malattie che sono anche fattori di rischio cardiovascolare (diabete, ipertensione, sovrappeso-obesità, ipercolesterolemia), e in virtù delle caratteristiche della dieta vegetariana stessa, in grado di apportare maggiori quantità di frutta, verdura, frutta secca, soia, fibre, antiossidanti, steroli, e minori quantità di grassi totali, saturi, sale.

Le linee guida per l'alimentazione vegetariana prodotte per la prima volta in negli USA nel 1997 hanno da subito inserito nelle raccomandazioni il rispetto delle assunzioni di omega-3 da fonte vegetale e di una fonte regolare di vitamina B12. Tutti i vegetariani dei Paesi occidentali sono informati di questo, e in molti rispettano questi consigli, che consentono di diminuire ulteriormente il loro già basso rischio cardiovascolare attraverso l'assunzione di noci, olio e semi di lino e altre fonti vegetali di omega-3, e l'assunzione di cibi fortificati o integratori di vitamina B12 di sintesi batterica.
Secondo l'European Heart Network, nel 2008 le malattie cardiovascolari hanno rappresentato la prima causa di morte nella regione Europea OMS, dove ogni anno sono responsabili della morte di oltre 4,3 milioni di individui, pari al 48% di tutti i decessi (54% per le donne, 43% per gli uomini).
Conclude la dottoressa Baroni: "Sappiamo che il ruolo della dieta è importante, che la dieta può uccidere. Ma l'imputato non è la dieta vegetariana o vegana, bensì la dieta onnivora, che i cibi animali contribuiscono pesantemente a rendere un killer spietato."

Note:
Reference della rassegna originale:
Li D., Chemistry behind Vegetarianism, J Agric Food Chem. 2011 Feb 9;59(3):777-84. Epub 2011 Jan 4. 


http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21204526


Comunicazione a cura di Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana
http://www.scienzavegetariana.it - info@scienzavegetariana.it


Societa' Scientifica di Nutrizione Vegetariana - SSNV si prefigge di fornire ai professionisti della salute e alla popolazione generale informazioni corrette sulla nutrizione a base di cibi vegetali (c.d. plant-based nutrition) e sui suoi rapporti con la salute.

Fonti: http://www.ambienteweb.org/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=2095:vegetariani-meno-esposti-a-trombosi-e-malattie-cardiovascolari&catid=86:comunicati-stampa
















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